Il disturbo sadomasochistico è una patologia della relazione. Il rapporto sadomasochistico è un legame fondato sul dominio, il controllo, l’annullamento, la sistematica mortificazione dell’altro.

Introduzione

I termini “sadico” e “masochistico” affondano le loro radici nella letteratura, rinviano infatti a due scrittori – il francese Marchese De Sade e l’austriaco Leopold Ritter von Sacher-Masoch – che nei loro romanzi hanno esaltato rispettivamente personaggi dalla sessualità feroce e crudele, e il piacere sessuale ottenuto attraverso la violazione del proprio corpo e l’umiliazione di sé.

Prima di iniziare, è necessaria un’importante precisazione: qui non stiamo trattando di comportamenti sessuali, ma di disturbi di personalità, ovvero di stili esistenziali – modi di essere, “caratteri” – così esasperati da tracimare nella psicopatologia. Certo, accade spesso che soggetti con una personalità di tipo sadico o masochistico lo siano anche nell’espressione della propria sessualità, ma non è una regola, e soprattutto non vale il viceversa: le persone con fantasie sessuali sadomasochistiche che attuano pratiche sessuali improntate a questo tema di solito non hanno molto a che fare con l’omonimo disturbo di personalità.

E’ probabile che in questo caso le origini letterarie del disturbo abbiano un po’ confuso le acque … Lo stesso Freud, confrontato con tale ambiguità, coniò il termine masochismo morale per distinguere la patologia del carattere dal comportamento sessuale.

La relazione sadomasochistica

La relazione sadomasochistica è un legame fondato sul dominio e la sottomissione dell’altro. Il polo sadico, chi esercita dominio, e il polo masochistico, chi accondiscende ad essere assoggettato, sono estremi di una medesima relazione malata. Accade spesso, infatti, che i ruoli si invertano e il sadico assuma un atteggiamento masochistico e viceversa il masochista si collochi in posizione sadica.

Il riconoscimento asimmetrico

La caratteristica saliente della relazione sadomasochistica è l’asimmetria, il rapporto di potere e di dominio dell’uno sull’altro. Nessuno dei due partner ha la capacità di stabilire relazioni di reciproco riconoscimento: relazioni paritarie fondate, per entrambi, tanto sull’affermazione dei propri bisogni e desideri quanto sul riconoscimento e l’accettazione di quelli dell’altro, in un costante e dinamico equilibrio tra le due istanze.

Nella relazione sadomasochistica solo uno dei due afferma sé stesso e lo fa a scapito dell’altro, il quale è disposto ad auto annullarsi e auto-umiliarsi pur di mantenere il legame e sentirsi in qualche modo protetto e amato. L’asimmetria del rapporto ricorda per alcuni aspetti il tipo di legame che stabiliscono le personalità dipendenti solo che, nel caso delle coppie sadomasochistiche, il rapporto è violento, fondato su dominio e sottomissione.

Una relazione asimmetrica è sempre fonte di sciagure perché non può offrire a nessuno dei due soggetti ciò di cui hanno essenziale bisogno: il riconoscimento del proprio sé, l’esser-visto, capito e accolto da un altro. Il sadomasochismo è una relazione ammalata di potere, che genera un amore perverso e insoddisfacente per entrambi.

Lo scacco di entrambi i partner

Il dramma del sadico è questo: egli non ottiene il riconoscimento (l’amore) come atto di libertà ma come frutto di una sottomissione. Ma che valore possono avere il riconoscimento e l’amore se resi da un essere umiliato, dominato, asservito e privato di ogni dignità? Il sadico, non riuscendo ad ottenere il riconoscimento di cui avrebbe bisogno, elargito come libero atto d’amore, diventa sempre più insoddisfatto, quindi più arrabbiato, impaziente e violento. Perciò tende ad esercitare sempre più il dominio, svalutando ulteriormente la fonte di riconoscimento ed amore di cui ha vitale bisogno.

Il dramma del masochista è questo: ponendo tutto il valore personale non in sé ma nell’altro, e sentendosi drammaticamente nudo e privo di risorse, è disposto a mendicare la propria ragion d’essere da lui. Per ricevere amore, è disposto a sacrificare non solo ogni slancio e ambizione personale, ma anche ogni dignità personale. Il paradosso è questo: più egli si auto svaluta, più perde prestigio agli occhi dell’altro e meno riesce a tenerlo legato a sé. Il terrore più grande del masochista è che l’altro si stanchi di lui, e quindi si stacchi da lui.

La forza del legame sadomasochistico

Altra caratteristica delle relazioni sadomasochistiche è la loro solidità, il forte vincolo, la quasi indissolubilità della coppia. Il sadico ha bisogno del masochista tanto quanto il masochista ha bisogno del sadico. Entrambi sono dipendenti dalla forma asimmetrica della loro relazione: dal potere esercitato e subito.

Anche se le personalità sadiche e masochistiche (e, cosa più frequente, le persone che alternano i due ruoli) tendono ad esprimere la loro distorsione relazionale principalmente nella relazione di coppia, essa può emergere anche in altri contesti relazionali, sia familiari che extra familiari, come nei luoghi di lavoro.

Le personalità sadiche

Tema centrale della personalità sadica è il dominio, esercitato a partire dalla convinzione di avere un diritto speciale a maltrattare e umiliare gli altri, in particolare il proprio partner, che viene sistematicamente controllato, soggiogato, disprezzato, ridotto ad oggetto e a volte perfino a bersaglio di violenza fisica.

I sentimenti caratteristici che abitano il mondo interiore del sadico sono il bisogno di controllo (che spesso diventa gelosia patologica), l’odio, il disprezzo e un certo piacere nel percepire la sofferenza provocata all’altro (godimento sadico). A livello più profondo, questo tipo di personalità sono attanagliate da un terribile senso di vuoto, solitudine e di morte interiore, al quale cercano di sottrarsi infliggendo dolore.

Nonostante il sadico abbia un’apparente affinità con lo psicopatico per la violenza e il disprezzo che entrambi esercitano nelle loro relazioni, tra le due figure esiste una differenza cruciale: mentre lo psicopatico è del tutto incapace di legarsi e di provare affetti e si relaziona all’altro solo in base ai propri fini, il sadico si coinvolge in relazioni patologiche molto potenti e difficili da spezzare. Egli, infatti, ha vitale bisogno di un altro ridotto ad oggetto su cui esercitare il proprio potere. Lo psicopatico è solo al mondo, il sadico paradossalmente è dipendente dalla sua vittima.

Le personalità masochistiche

Più complessa e sfumata è la personalità masochistica.

Personalità masochistiche e personalità depressive

Se, come abbiamo visto, per il continuo auto sacrificio in nome del legame essa può ricordare la personalità dipendente, per la sua sensibilità a rifiuti e perdite, i sentimenti di tristezza e il profondo senso di colpa inconscio può mostrare molta affinità con la personalità depressiva. In quest’ultimo caso, la somiglianza è così stretta che non solo i due quadri vengono spesso confusi l’uno con l’altro, ma è stata proposta anche una categoria diagnostica mista, definita disturbo masochistico-depressivo di personalità (Kernberg). In realtà tra le due tipologie sembrano sussistere anche rilevanti differenze, come tra l’altro può testimoniare l’inefficacia dei farmaci antidepressivi somministrati a personalità masochistiche.

Innanzitutto, mentre le personalità depressive appaiono rassegnate ad un destino di sofferenza che sono convinte di meritare e sono del tutto incapaci di esprimere rabbia, le personalità masochistiche manifestano una certa ribellione e un maggiore spirito di iniziativa. E’ come se, da qualche parte, non avessero perso del tutto la speranza di amare e poter essere amate in modo diverso. In genere si lamentano della loro sorte e cercano di arruolare altre persone come testimoni solidali della loro ingiusta sofferenza, persone alle quali chiedono non solo di essere riconosciute e compatite, ma perfino di essere ammirate per il loro stoicismo.

Personalità masochistiche e personalità paranoidi

Per certi aspetti, le personalità masochistiche mostrano un funzionamento che ricorda le personalità paranoidi: se queste ultime, sentendosi sotto minaccia, attaccano prima di essere attaccate, i masochisti provocano la punizione prima di essere puniti in modo inaspettato.

Le loro provocazioni possono essere così forti che spesso non è chiaro se sia il partner ad avere una personalità sadica e violenta oppure se sia il masochista a tirare fuori dall’altro il peggio di sé.

Nesso inconscio tra amore e dolore

E’ importante smantellare il pregiudizio diffuso che le personalità masochistiche “provino piacere” nella loro sofferenza, che ricerchino la violenza, anche fisica, per un paradossale godimento. In realtà non è così. Il masochista non cerca la sofferenza, ma la ritiene un elemento intrinseco all’amore e quindi un male che bisogna sopportare. Se una qualche forma di “piacere” esiste, la si può forse trovare in una certa soddisfazione per una superiorità morale che sentono di possedere, come se il soffrire li nobilitasse e li ponesse al di sopra degli altri. C’è quasi una punta di megalomania nel percepirsi eroici nel dolore.

Il nesso inconscio tra amore e dolore spiega anche un altro tipico atteggiamento delle personalità masochistiche, cioè la loro tendenza a manifestare apertamente il proprio stato di sofferenza sia attraverso lamentele sia mettendosi a rischio. Sono frequenti casi di masochisti che incorrono in ripetuti incidenti, tenendo sempre desta l’attenzione di chi sta loro vicino. Ciò avviene perché questi individui sono convinti che solo se soffrono gli altri saranno affettuosi e disponibili con loro.

La relazione con le personalità masochistiche

Chi entra in contatto con personalità masochistiche può provare due sentimenti opposti: o identificarsi con la loro sofferenza a tal punto da essere pronto anche al sacrificio personale pur di essere d’aiuto (posizione masochistica), oppure irritarsi a tal punto per le loro lamentele e per il loro atteggiamento sottomesso da provare rabbia e desiderio di punire (posizione sadica).

Le personalità sadomasochistiche

Si tratta del modello di disturbo più ricorrente, in cui il soggetto tende a stabilire legami dove alterna la posizione sadica a quella masochistica.

Le personalità sadomasochistiche hanno relazioni intense e molto turbolente. Tendono a vedersi come vittime dell’aggressività altrui, alla quale reagiscono o con una capitolazione o con una violenta ritorsione, passando dal ruolo di vittima a quello di carnefice. Sono persone che, ad esempio, si lamentano che il loro partner li svaluta e li trascura, mentre sono i primi ad essere denigranti e affettivamente distanti.

E’ frequente che soggetti sadomasochistici ricerchino partner con la stessa organizzazione di personalità, costruendo con loro una collaborazione inconscia per le frequenti inversioni di ruolo.

Psicodinamica del disturbo sadomasochistico di personalità

I ipotesi: provenienza da famiglie caotiche e violente

I soggetti con un disturbo nello spettro sadomasochistico in genere hanno alle spalle una storia familiare di relazioni violente. Scene di ripetuta violenza subita o assistita hanno generato in loro un modello relazionale in cui legame, amore e sofferenza sono inestricabilmente congiunti. Da adulti, non fanno che rimettere in atto il modello appreso, identificandosi o con il carnefice o con la vittima, o più spesso alternando i due ruoli.

Dal momento che il ruolo sociale e forse la minore forza fisica delle donne rende loro più agevole identificarsi con la figura della vittima, la coppia donna-vittima e uomo-carnefice è la più frequente. Ciò non significa però che esista un nesso esclusivo tra genere e ruolo, anzi, nella clinica si incontrano spesso uomini vittimizzati e donne sadiche. Inoltre, soggetti che nella vita tendono ad interpretare uno solo dei due ruoli di norma manifestano anche comportamenti opposti, pertanto è sempre saggio cercare l’aggressore nella vittima e la vittima nell’aggressore. Questo, almeno, sul piano psicologico. Sul piano legale, invece, è di fondamentale importanza distinguere chi agisce e chi subisce violenza e trattare le persone in base alle azioni che compiono.

II ipotesi: incapacità dei genitori di limitare l’onnipotenza del bambino

Esiste un’altra interpretazione psicodinamica della genesi del disturbo. In questo caso il fulcro del discorso non è la violenza familiare ma la capacità dei genitori di mettere un limite all’onnipotenza del bambino.

L’esperienza del limite

Crescere significa scoprire le proprie capacità, riconoscere i propri bisogni e desideri cercando per essi una via di soddisfazione; significa godere della propria capacità d’azione nel mondo, percepire con gioia la propria crescente forza e abilità fisica e soprattutto la potenza della propria libera volontà. In una sana educazione, a tale fondamentale esperienza si sé dovrebbe accompagnarsi l’altrettanto fondamentale l’esperienza del limite: di ciò che è realizzabile e di ciò che non lo è, di cosa si accorda e cosa invece contrasta i bisogni, le possibilità e i desideri dell’altro, del genitore. Si tratta dell’esperienza dell’altro come di un soggetto vivo, reale, attivo, centro di propri bisogni e desideri diversi da quelli del sé. Si tratta, insomma, della scoperta dell’altro come soggetto e non come oggetto su cui poter liberamente esercitare il proprio controllo.

Quando il bambino, entusiasta di scoprire la propria forza, trova un limite, un NO, di solito la sua reazione è molto aggressiva: per affermare la propria volontà, può addirittura fantasticare di distruggere il genitore, scagliandosi contro di lui.

Gli errori dei genitori

In queste esperienze cruciali per la crescita dell’individuo, il genitore può commettere due errori contrapposti:

  • può capitolare in modo compiacente e sottomesso, reprimendo il proprio fastidio e la propria disapprovazione e non ponendo alcun argine. In questo modo il bambino viene lasciato in balia della propria irrealistica onnipotenza, ma anche preda di una terrificante solitudine: se nessuno mi ferma, vuol dire che là fuori non c’è proprio nessuno per me, nessun soggetto come me, ma solo persone-oggetto di cui posso fare ciò che voglio;
  • oppure il genitore può ergersi in tutta la sua potenza di adulto, mostrando la propria irritazione e punendo pesantemente il bambino. Quest’ultimo imparerà che ogni espressione della propria volontà comporterà allontanamento e ritorsione da parte della persona da cui dipende, e si sottometterà.

Soltanto il genitore in grado di porre il limite senza retrocedere e senza reagire violentemente, consentirà al bambino di accedere a relazioni simmetriche, in cui i soggetti sono in grado di negoziare tra i propri bisogni e quelli dell’altro. Negli altri casi, invece, il tipo di relazione che la persona metterà in atto non sarà di soggetto-soggetto, ma sempre di soggetto-oggetto, ovvero di tipo sadomasochistico, in cui solo la volontà di uno dei due conta e l’altro la subisce in posizione sottomessa.

Come si cura il disturbo sadomasochistico di personalità

Come per tutti i disturbi di personalità, non esistono cure farmacologiche efficaci visto che il problema risiede nella configurazione di personalità del soggetto, in questo caso nel suo modo di stabilire relazioni significative. Tra l’altro, gli antidepressivi tendono a non aver effetto sulle reazioni pseudo-depressive delle persone masochistiche.

L’unico trattamento indicato è pertanto una psicoterapia, la cui durata ed esito dipendono da vari fattori come la pervasività del disturbo, l’età e la motivazione al cambiamento.

E’ raro che le personalità sadiche ricerchino aiuto, di solito lo fanno i loro partner, stanchi e spesso spaventati dell’escalation di aggressività nella coppia. Nei casi di violenza agita, è necessaria una parallela presa in carico da parte di un Centro anti-violenza.

Quando entrambi i partner sono consapevoli delle loro difficoltà e motivati a modificare la loro relazione, può essere indicata una psicoterapia di coppia, come intervento esclusivo o in affiancamento ai percorsi individuali.