Nel linguaggio comune il termine “narcisista” indica una persona centrata su sé stessa, egoista, vanitosa e con l’incoercibile smania di calcare la scena. In realtà, oltre che per un concetto smisurato di sé, le personalità narcisistiche si caratterizzano soprattutto per la loro difficoltà a cogliere gli altri come entità autonome, con propri sentimenti, bisogni e stati d’animo.

 

Introduzione al narcisismo

La società e il narcisismo

Il nostro mondo pullula di persone che corrispondono, grosso modo, a tale cammeo.

Viviamo in una condizione in cui i legami sociali (ad eccezione, forse, della famiglia nucleare) sono diventati “fluidi” e frammentati. L’individuo è esaltato per la sua autonomia e singolarità, spinto ad affermarsi in modo competitivo, apprezzato non per com’è ma per ciò che possiede e per l’immagine che sa dare di sé.

Una società della competizione e dell’apparenza è una vera e propria fabbrica di narcisismo.

La nostra cultura è dominata da una valorizzazione iperbolica dell’Io, coi suoi correlati di indipendenza e libertà individuale: un Io pensato come totalmente svincolato dal mondo sociale e relazionale in cui è inserito, padrone assoluto della propria esistenza.

Nei fatti, tuttavia, questo apparente supereroe è tragicamente schiavo dell’approvazione da parte di quegli altri dai quali si proclama orgogliosamente indipendente.

Finché continueremo a vivere in un mondo che distrugge sistematicamente i legami interpersonali, negando quella sana dipendenza dell’essere umano dai suoi consimili, il narcisismo sarà un elemento intrinseco alle nostre esistenze. 

 l’Io e il narcisismo

In senso più generale, possiamo forse dire che il narcisismo è un portato stesso della soggettività: di quel concetto di Io come protagonista dell’esistenza, portatore di desideri e speranze, libero di scegliere chi essere, delimitato come mondo interiore dalla realtà esterna e strutturalmente bisognoso di riconoscimento.

Anche se tendiamo a dare per scontato che l’Io sia qualcosa di “naturale”, che esiste da sempre in ogni epoca e cultura, in realtà esso ha alle spalle una lunga storia di formazione, coincidente con storia della nostra cosiddetta tradizione occidentale. Tutti noi, in quanto soggetti individuali e irripetibili, siamo il frutto di un’epopea che data almeno a partire dall’umanesimo/rinascimento e che ha avuto come apice di concettualizzazione il romanticismo prima e dall’esistenzialismo poi.

In attesa di tempi migliori, siamo tutti in qualche modo narcisisti

Finché dalla storia non sarà elaborata una forma di soggettività diversa dall’individualità autosufficiente, tutti noi siamo destinati ad essere – in qualche misura – narcisisti!

Anche chi non ha sviluppato tratti caratteriali come la spiccata centratura su di sé, la vanagloria, un senso esaltato del proprio valore personale ecc. ha comunque delle difficoltà nella regolazione dell’autostima e dipende dal giudizio degli altri, vale a dire, funziona in modo narcisistico.

Ciò non significa però che tutti noi abbiamo un disturbo narcisistico di personalità.

 

 

Il disturbo narcisistico di personalità 

Se lo stile narcisistico è così rigidamente consolidato che il soggetto:

  • non è in grado di provare calore umano e intimità;
  • anche nel conseguimento del pieno successo personale, non conosce  la vera soddisfazione
  • anche se circondato da gente che lo ammira, si sente essenzialmente solo e, se smette di essere ammirato, cade in depressione;
  • non conosce il piacere di dare, di condividere, di aiutare, di far crescere e promuovere gli altri;

allora si parla di un disturbo narcisistico di personalità.

 

Fisionomia della personalità narcisistica 

Di solito, le personalità spiccatamente narcisistiche non suscitano molta simpatia, anzi. A volte perfino i terapeuti hanno serie difficoltà a relazionarsi con loro. Per fortuna, la comprensione psicodinamica della loro caratteristiche e la percezione della loro profonda fragilità aiuta non poco a sentirli più vicini e a sodalizzare con le loro difficoltà.

Le due varianti della personalità narcisistica

Per iniziare, è necessario distinguere due sottotipi di personalità narcisistica:

  1. il sottotipo arrogante, grandioso, convinto di avere tutti i diritti. Chi ha rapporti continuativi con un narcisista di questo tipo, è costretto a muoversi in maniera molto cauta. Se si tratta di un superiore, si rischia di essere continuamente sminuiti e denigrati, perfino umiliati, e spesso ci si scopre a misurare con attenzione ogni parola per paura di incorrere nel reato di lesa maestà, scatenando una tempesta d’ira. Quando si tratta di un sottoposto, ci si può sentire invidiati, oppure ammirati, lusingati, addirittura idolatrati, ma in un modo che non produce piacere, bensì profondo disagio. Se si tratta, invece, di una persona con cui si ha una relazione affettiva, ci si sentirà trasparenti, non visti, continuamente scavalcati e perfino usati;
  2. Il sottotipo discreto, timido e riservato, ma segretamente convinto di essere un grande uomo ingiustamente misconosciuto dal mondo. Sono individui apparentemente modesti e remissivi, che però nascondono grandiose fantasie di successo personale. In caso di fallimento, sono divorati da intensi sentimenti di invidia, rabbia e bisogno di vendetta; oppure possono incorrere in una grave reazione depressiva.

Struttura delle personalità narcisistiche

In generale, le personalità narcisistiche hanno due carenze strutturali:

  1. disregolazione dell’autostima: il soggetto non è in grado di avere un senso realistico né di sé stesso né degli altri, ma tende alternativamente a sopravvalutare o svalutare le proprie e le altrui capacità. Se si mostra aggressivo e grandioso, a livello inconscio si percepisce come misero, privo di valore e pieno di vergogna (tipo 1); se appare timido, imbarazzato e modesto, in profondità cova incontrollate fantasie di trionfo personale (tipo 2). L’incapacità di regolare in maniera autonoma il senso del proprio valore personale, rende queste persone completamente dipendenti dall’approvazione altrui;
  1. scarsa capacità empatica: non sono in grado di cogliere l’altro come persona autonoma, portatrice di propri bisogni e desideri. L’altro è sempre percepito come una propria appendice, come un prolungamento di sé, come qualcuno che è a disposizione per realizzare i propri progetti e rispondere ai propri bisogni.

Le relazioni

I gravi narcisisti non sono capaci di intimità, né di reciprocità, in breve: non sono capaci di vero amore.

Alcune volte l’altro è trattato come un lacchè, altre è esaltato in modo spropositato, idealizzato, trasformato in un sole da cui l’Io può trarre luce in modo riflesso. In entrambi i casi, l’altro è sempre visto in funzione del Sé.

Chi è in relazione con una personalità narcisistica non si sente mai visto e apprezzato per quello che è.

Nonostante la loro apparente autonomia, però, i narcisisti hanno un enorme bisogno degli altri. Senza un pubblico che dia continue conferme del loro valore, si sentono perduti.

Non il fare ma l’apparire

La preoccupazione centrale delle personalità narcisistiche non è il fare, il realizzare cose importanti, ma apparire importanti agli occhi degli altri.

Centrati sull’apparenza, i soggetti narcisistici danno molto valore a bellezza, ricchezza, potere, successo.

Essendo concentrati esclusivamente su di sé, non provano mai vero piacere e soddisfazione nelle attività che svolgono: ogni occupazione, in fondo, non ha valore in sé stessa ma solo per il grado di visibilità che può dare al soggetto. Tutte le attività sono quindi equivalenti, vuote di senso.

Impossibile, per questi individui, innamorarsi di un proprio progetto, investire energia nel mondo. Da qui, il loro cronico senso di noia e la tendenza a cambiare spesso tipo di attività.

L’esperienza soggettiva: il mondo dei sentimenti

Quando il narcisista non sfoggia sé stesso, non gode del proprio potere e dei propri successi o non scarica violentemente la sua ira su qualche malcapitato, la sua esperienza soggettiva è dominata da vuoto interiore, perdita di significato, noia, oppure rabbia, invidia, bisogno di vendetta.

A livello inconscio, invece, il sentimento centrale è la vergogna.

Se le personalità narcisistiche incorrono in un insuccesso, la mortificazione può essere così intensa da scatenare una sintomatologia che spesso viene confusa con quella depressiva, ma che in realtà ne differisce in modo sostanziale.

Nei sintomi depressivi su base narcisistica, infatti, il soggetto non è pieno di pensieri negativi, tristezza, senso di colpa o inadeguatezza, ma vuoto. Qui, dal manto lucente sotto cui è sepolto, emerge in modo drammatico il sé inconscio del narcisista: un sé svalutato, disprezzato, umiliato in modo miserevole.

Sintomi frequenti

Oltre a crolli pseudo-depressivi, altri sintomi frequenti nel quadro narcisistico sono preoccupazioni ipocondriache e somatizzazioni: sintomi che rendono manifesta, sul versante corporeo, la strutturale centratura del soggetto narcisistico sul proprio sé, nonché la sua profonda (anche se spesso invisibile) fragilità.

 

 

Psicodinamica del disturbo narcisistico: due teorie rivali

In psicoanalisi, due diverse teorie sulla genesi e sulla cura dei disturbi narcisistici si contendono il campo: quella elaborata da Otto Kernberg e la concezione rivale di Heinz Kohut.

1) Il Sé grandioso

Nel primo approccio, il narcisismo coinciderebbe con un insieme di difese patologiche centrate sulla grandiosità, erette dal bambino per far fronte ad alti livelli di aggressività innata.

Coerentemente con tale interpretazione, il trattamento psicoterapeutico si concentra sulla sistematica interpretazione del sistema difensivo, al fine di smantellare il Sé grandioso e liberare la persona dalla gabbia patologica entro la quale è intrappolata.

2) L’arresto evolutivo

Nella seconda teorizzazione, il narcisismo rappresenterebbe al contrario uno stadio evolutivo comune a tutti gli esseri umani, dal quale però il narcisista adulto non è riuscito ad evolvere (teoria dell’arresto evolutivo).

Secondo Kohut, tutti i bambini piccoli sono grandiosi, idealizzano i loro genitori e hanno bisogno di essere idealizzati da loro. Allo stesso tempo, sono egocentrati e trattano gli altri in funzione dei propri bisogni. Ciò avviene perché alla loro età non hanno ancora sviluppato un’ottica decentrata e, con essa, la capacità di avere una visione realistica degli altri.

Soltanto genitori empatici, in grado di rispondere con sensibilità alle richieste narcisistiche del bambino, potranno aiutarlo ad evolvere oltre la posizione narcisistica. Si tratta di genitori capaci di accettare il bisogno di idealizzazione e le spinte esibizionistiche del figlio senza inibirle ma anche senza prenderle con eccessiva serietà. Dal punto di vista di Kohut (Psicologia del Sé) ciò che è mancato al bambino futuro narcisista è il “rispecchiamento empatico”: quello sfavillio di orgoglio nello sguardo del genitore di fronte alle piccole performance del figlio che fa sentire quest’ultimo visto e amato.

Coerentemente con tale impostazione, il trattamento psicoanalitico consiste nella creazione di un contesto relazionale empatico in cui il paziente possa sperimentare ciò che non ha vissuto da bambino. Nel contesto terapeutico, l’individuo potrà riavviare il percorso evolutivo interrotto e andare oltre la posizione narcisistica.

L’attuale modello psicoanalitico integrato

Oggi che i toni polemici di tale dibattito sono sfumati, la maggior parte degli psicoterapeuti si orienta ad utilizzare un modello integrato. Esso riprende da Kohut l’assunto di una genesi relazionale (e non innata) del disturbo e ne adotta l’attitudine terapeutica di tipo empatico. Al tempo stesso, si rifà anche Kernberg, mutuandone il piglio critico quel tanto che basta ad evitare un’eccessiva infantilizzazione del paziente.

In sintesi: oggi, è generalmente accettato che l’origine psicodinamica del narcisismo sia da ricercare nel mancato sviluppo di una sana autostima.

In quest’ottica, lo sviluppo del sé grandioso appare come un modo di compensare la dolorosa percezione (inconscia) di un sé piccolo, svalutato e pieno di vergogna.

Al tempo stesso, sembra plausibile interpretare l’assoluto riferimento a sé e l’incapacità di vedere gli altri come una reazione frustrata al mancato rispecchiamento da parte dei genitori: se nessun occhio ha brillato guardandomi, bene, allora brillerò da solo.

 

 

Come si cura il disturbo narcisistico di personalità

Come per tutti i disturbi di personalità, non esiste alcuno psicofarmaco efficace perché nessun composto chimico è in grado di incidere sull’assetto caratteriale delle persone.

La terapia farmacologica

In alcuni casi, tuttavia, una terapia farmacologica potrebbe essere utile a contenere alcuni sintomi. Purtroppo l’esperienza ha mostrato che, di fronte sintomatologia pseudo-depressiva dei narcisisti, non sempre i farmaci antidepressivi sono efficaci. Nel caso in cui l’equilibrio psico-emotivo del paziente vacillasse in modo serio, diverrebbe necessaria la consultazione di un medico psichiatra.

La psicoterapia psicoanalitica

Il trattamento psicoterapeutico di un disturbo di personalità richiede necessariamente un lungo trattamento.

Durata, frequenza ed esito dipendono da vari fattori, tra cui il livello di gravità del disturbo e il grado di motivazione al cambiamento.

Per quanto riguarda un ulteriore fattore di grande rilievo per prevedere l’andamento di una psicoterapia – cioè l’età anagrafica del soggetto – nel caso del disturbo narcisistico di personalità bisogna fare un discorso a parte.

La maggior parte delle personalità narcisistiche, infatti, si rivolgono allo psicologo dopo i 40 anni. In questo caso, l’età della richiesta di aiuto è parte integrante del problema.

Infatti, solo dopo essersi scontrati con i limiti temporali dell’esistenza le personalità narcisistiche possono avvertire che, forse, in loro c’è qualcosa che non va. Solo quando i sogni onnipotenti di infinita bellezza, potenza e ricchezza si arrestano davanti alla percezione della finitezza del tempo; quando il fulgore della giovinezza inizia a farsi un po’ più opaco e il corpo si fa sentire; quando la vita già vissuta diventa preponderante rispetto al futuro rivelando che non tutto più è possibile, ecco: in quel momento, per la prima volta, può aprirsi uno squarcio nel cielo di carta.

Il fatto che l’individuo abbia un’identità già consolidata, tuttavia, allunga i tempi e a volte può ridurre gli obiettivi dell’intervento.

Casi lievi

Se il disturbo narcisistico è di lieve entità, un percorso psicoterapico ad orientamento psicoanalitico  può aiutare il soggetto a riconfigurare in modo sostanziale in suo modo di stare al mondo. Integrando esperienze finora inaccessibili, la persona sarà sempre più in grado di amare, prendersi cura degli altri, investire energie nel mondo, godere delle proprie occupazioni e, soprattutto … dimenticarsi un po’ di sé!

Casi gravi

Quando il disturbo è molto grave e consolidato, l’aspettativa terapeutica di solito si limita al raggiungimento di una maggiore regolazione dell’autostima e al miglioramento delle relazioni interpersonali.

In questo caso, la possibilità di accedere ad un funzionamento emotivo e relazionale più adeguato potrà proteggere il soggetto dal rischio di pesanti crolli depressivi.