ragazzo depresso
approfondimenti tristezza e depressione

La sindrome depressiva è uno stato psicopatologico perdurante che si manifesta a diversi livelli di gravità e implica aspetti emotivi, cognitivi, corporei e relazionali.

Tristezza e depressione sono la stessa cosa?

La depressione, intesa in senso clinico, non ha nulla a che fare con la tristezza. Oggi, l’aggettivo “depresso” è molto utilizzato, troppo utilizzato, diciamo pure che se ne fa un vero e proprio abuso. Nel nostro mondo narcisistico, dove ci si attende che l’individuo rifulga magnificamente di luce propria, che sia sempre attivo, vitale, intraprendente, brillante, perennemente al top e sempre sul pezzo, ogni sbavatura del meraviglioso dipinto, ogni sentimento di tinta non proprio accesa è guardato con fastidio, e anche con una certa diffidenza. Siamo molto lontani dall’epoca romantica, coi suoi struggimenti, i tormenti del cuore, le tempeste del mondo interno riflesse in una natura potente e minacciosa, l’individuo in lotta per la libertà, il sé completamente sprofondato nel suo mondo interiore: in breve, dall’esaltazione dello spirito malinconico.

Nel nostro mondo, qualsiasi segno di amarezza, avvilimento, costernazione, doloroso dubbio, sconforto è visto come qualcosa che non va e, come ogni cosa che interferisce con il funzionamento dell’individuo, è etichettato come malattia.

Nonostante le odierne aspettative di perenne felicità, la tristezza è un sentimento consustanziale alla psiche umana, irrinunciabile, perché ci mette a contatto con i limiti dell’esistenza, con la finitezza di tutte le cose, con il dolore della perdita (implicita, in fondo, in ogni nostra decisione), con la possibilità del fallimento di obiettivi intensamente desiderati, con l’irreversibilità del tempo: in fondo, col nostro essere mortali. Per questo motivo è molto importante che lo psicologo dica, a chi si rivolge a lui perché in quel momento la vita gli sta mostrando il suo volto amaro: tu non sei depresso, sei soltanto triste!

La sindrome depressiva: come riconoscerla

La depressione, al contrario della normale tristezza, non ha nulla di profondo, non ci mostra i confini dell’umano, anzi, non mostra proprio nulla, preclude tutto. Le manifestazioni della sindrome depressiva coinvolgono tutti gli ambiti dell’esperienza umana: emotivo, cognitivo, corporeo e relazionale.

(vedi anche approfondimento)

Manifestazioni della depressione nella sfera emotiva

L’emozione dominante dello stato depressivo è uno stato d’animo cupo, angosciato e avvilito che compare senza un motivo apparente. Scompare il piacere nello svolgere attività che di solito il soggetto trova interessanti e soddisfacenti. La persona si sente stanca, demotivata, non trova dentro di sé alcuna spinta all’azione e tutto il mondo perde di interesse. La dimensione del futuro si dissolve completamente: la sensazione dominante è l’impossibilità di un domani e il senso di trappola in un presente intollerabile. Tutto appare vano, inutile, impossibile. Emergono intensi sentimenti di colpa, accompagnati dalla percezione di essere cattivi, indegni, privi di ogni valore. Le autoaccuse e l’auto svalutazione possono tracimare in odio e ripulsa verso sé stessi, nel sentimento di non essere degni di amore, o addirittura di vivere. Inoltre, possono emergere intensi sentimenti di perdita e abbandono.

Manifestazioni della depressione nella sfera cognitiva

Sfera cognitiva: Il pensiero si avvita in pensieri negativi su di sé, nella tormentosa ricerca di proprie colpe ed errori. Accanto alle fantasie di morte, possono apparire veri e propri progetti suicidari. La mente è completamente assorbita dal mondo interno, circuita ossessivamente sugli stessi contenuti (ruminazione) e non riesce più ad indirizzarsi al mondo esterno, con un conseguente crollo delle capacità di attenzione e concentrazione. Si è preda di un continuo lavorio mentale, con la percezione di avere la testa piena di preoccupazioni di cui non ci si può liberare. In sintesi: il pensiero dei soggetti depressi è un pensiero che affatica molto ma non produce nulla. Può manifestarsi un rallentamento dei processi cognitivi: la sensazione è quella di non riuscire più a pensare, di essere diventati “stupidi”.

Manifestazioni della depressione a livello corporeo

La sensazione corporea dominante è un senso di stanchezza, affaticamento, mancanza di energia e di spinta all’azione, pesantezza fisica, inerzia. Il corpo è odiato, come il sé, e quindi trascurato: chi è gravemente depresso fa fatica a lavarsi, a vestirsi, perfino ad alzarsi dal letto. Di solito compaiono alterazioni nell’alimentazione: il soggetto può perdere completamente l’appetito fino ad annientarsi per consunzione oppure mangiare smodatamente, acquistando peso e odiandosi ancora di più per questo. Compaiono anche alterazioni del ritmo sonno-veglia che variano dall’insonnia all’ipersonnia. Diminuisce, fino a scomparire, il desiderio sessuale.

Manifestazioni della depressione nella sfera relazionale

Per i loro sentimenti di colpa, vergogna, insufficienza, indegnità, inutilità, disinteresse per le cose e senso di stanchezza, i soggetti in stato depressivo tendono a ritirarsi dal mondo, per lo più rifugiandosi nel letto. In questa condizione, finiscono per dipendere pesantemente dalle persone che si prendono cura di loro, affaticandole e a volte tiranneggiandole.

Accanto ai sintomi depressivi, possono comparire anche sintomi ansiosi:

  • Paure intense, per esempio di morire, impazzire, di perdere il controllo, ecc.
  • Sintomi fisici come agitazione psicomotoria, tachicardia, sudorazione con brividi, pressione al petto, insonnia.

In questi casi, quando la sintomatologia tipica della depressione è fortemente innervata da ansia, si parla di Sindrome ansioso-depressiva.

Qual è il senso della depressione

La diagnosi psichiatrica: Nel sistema diagnostico corrente – DSM, Manuale Diagnostico Statistico, il più utilizzato dagli psichiatri e a cui fanno riferimento anche le diagnosi psicologiche  – il disturbo depressivo è semplicemente un nome che designa l’insieme dei sintomi sopra descritti, presentati non in forma narrativa ma come elenco. Il Manuale produce la diagnosi di “Disturbo depressivo dell’umore” se il soggetto presenta un numero minimo di una lista di sintomi.

Se il paziente chiedesse ad uno psichiatra ciecamente fedele a questo manuale: ma perché io ho questi sintomi? Che senso hanno nella mia vita? Che posso fare? La risposta sarebbe: “Noi non ci occupiamo del perché. Probabilmente si tratta di uno squilibrio biochimico su base ereditaria aggravato da fattori ambientali (cioè: forse hai questa sindrome per motivi genetici e la tua esperienza di vita ha aggravato la situazione: non ci sono prove incontrovertibili di quello che ti sto dicendo, ma il ragionamento scientifico ci porta a ipotizzare questo). La cura è un il farmaco giusto per ripristinare l’equilibrio biochimico”. Per fortuna, pur utilizzando il medesimo manuale, non tutti gli psichiatri ragionano così.

L’approccio psicodinamico: Si concentra esattamente sulla domanda posta dall’ipotetico paziente, e cioè: che senso hanno questi sintomi e perché li ho proprio io? E cosa posso fare, io, per venire fuori da questo pozzo nero in cui sono precipitato?

Depressione anaclitica e depressione introiettiva

Prima di gettare uno sguardo sui processi psichici alla base del vissuto depressivo, è utile soffermarci ancora un momento sul piano fenomenico, introducendo una distinzione che consente di organizzare le manifestazioni depressive in due diverse tipologie: la depressione di tipo anaclitico e la depressione di tipo introiettivo.

a) Nella depressione anaclitica, il vissuto principale è quello della perdita e dell’abbandono. Domina un sentimento di solitudine e di vuoto, la percezione di non essere voluti ed amati, la sensazione di non avere a fianco nessuno che possa essere di sostegno e di aiuto, anche se nella realtà sono presenti persone affettuose e disponibili. Il soggetto tende a cercare continue gratificazioni affettive e a richiedere la costante presenza dei suoi cari. E’ comprensibile come tutto ciò possa essere difficile per i congiunti, sottoposti ad una continua richiesta di sollecita presenza per rispondere ad un bisogno illimitato che, nonostante tutti i loro sforzi, non riescono a soddisfare.

b) Nella depressione introiettiva è centrale la profonda insoddisfazione verso se stessi. Il vissuto è impregnato di sentimenti di inferiorità, disvalore personale, colpa, mortificazione, fino all’odio verso di sé. Il soggetto si tormenta con continue, severe autoaccuse. La sensazione di inadeguatezza produce spesso il timore di essere malvisti, non stimati, disapprovati, perfino considerati delle nullità. Le stesse persone care che si avvicinano con premura vengono allontanate per un insostenibile senso di vergogna e umiliazione.

Quali sono le dinamiche emotive alla base della depressione

Alla base dei vissuti depressivi, sia di tipo anaclitico che introiettivo, si ipotizza la presenza della cosiddetta vulnerabilità narcisistica, ovvero una precarietà strutturale della persona che implica:

  • un”immagine svalutata di sé
  • l’ipersensibilità verso il rifiuto e l’abbandono

Una nutrita letteratura interpreta la vulnerabilità narcisistica come risultato di ripetute esperienze di impotenza, rifiuto o abbandono (esperienze reali, o percepite come tali).

Se si trova a dover gestire uno stato emotivo di profondo bisogno di fronte a un genitore avvertito come distante, disinteressato, assente o emotivamente non sintonizzato, il bambino tende ad attribuire a sé stesso la causa del rifiuto, finendo per credersi cattivo, indegno d’amore, colpevole. I bambini sono ontologicamente dipendenti e farebbero di tutto per garantire il legame con chi si prende cura di loro: per salvare l’immagine positiva del genitore e preservare il proprio amore per lui, il bambino è disposto ad assumendosi tutta la colpa del rifiuto (ripetiamo: rifiuto percepito). La rabbia e l’aggressività normalmente connesse allo stato di frustrazione vengono dirottate lontano dal genitore, che in questo modo viene conservato come figura amorevole e sollecita, e reindirizzate contro il sé. L’aggressività autodiretta si trasforma in severa e impietosa autoaccusa: è tua la colpa se vieni allontanato, perché sei una nullità e perché cattivo, perciò nessuno ti vuole. A volte la percezione dolorosa della propria debolezza e difettosità possono indurre il bambino ad invidiare gli altri, che sono visti come forti, talentuosi, attraenti, dotati di tutte quelle caratteristiche che, mancando a lui, giustificano il rifiuto.

Se gli episodi relazionali sopra descritti si ripetono con regolarità sufficiente a consolidarsi nella psiche del soggetto, esso, crescendo, tende a divenire psicologicamente vulnerabile al rifiuto e all’abbandono e, in generale, a dover convivere con un’immagine molto negativa di sé. A volte tali esperienze arrivano ad improntare l’intero carattere della persona adulta (vedi Personalità depressiva), altre volte sono relegate in uno fondo silente, ma sempre pronto ad attivarsi in particolari circostanze della vita: non è infrequente che una crisi depressiva subentri dopo la rottura di una relazione significativa o dopo un fallimento personale che incrini pesantemente l’immagine di sé.

Come si cura la depressione

La cosiddetta “depressione” è soltanto un quadro sintomatologico: un insieme coordinato di sintomi che si presentano insieme. Prima di pensare ad un qualsiasi intervento, è indispensabile comprendere su quale base sorgono:

  • Se si tratta di un crollo di autostima di tipo narcisistico (vedi Disturbo narcisistico di personalità), spesso confuso con una reazione di tipo depressivo, i farmaci antidepressivi di solito non hanno alcun effetto.
  • Se, al contrario, si tratta di una vera e propria sintomatologia depressiva, un trattamento farmacologico può essere utile a rimodulare l’umore del soggetto, rendendogli l’esperienza più tollerabile.
  • Nel caso di una depressione grave (depressione maggiore) la cura con antidepressivi è indispensabile.

I quadri depressivi, anche nel caso in cui non richiedano un intervento farmacologico, non vanno mai sottovalutati, anche per la loro tendenza alla recidiva. Per ottenere una remissione sintomatologica di lunga durata, è necessario che il soggetto, attraverso un percorso di psicoterapia, approfondisca il significato dei suoi vissuti depressivi rintracciandoli nella sua storia di vita personale.